All Of My Life I've Been Dreaming About The Sea
All Of My Life I’ve Been Dreaming About The Sea, pubblicato venerdì 26 settembre per Locomotiv Records, è l’album di debutto solista di Lillo Morreale, polistrumentista agrigentino di adozione bolognese capace di coniugare elettronica sperimentale e timbriche provenienti dalla tradizione musicale popolare, tracciando un nuovo percorso definibile come Elettronica Mediterranea.
Il progetto nasce dalla convergenza tra una certa elettronica ambient/cinematica contemporanea (Jóhann Jóhannsson, Harold Budd, Sigur Rós, A Winged Victory For The Sullen) e la musica tradizionale ma profondamente sperimentale di artisti come Alfio Antico e il Fabrizio De André di “Creuza de Mä”, con suoni legati alla tradizione folk dell’area mediterranea.
Nell’album, anticipato dai singoli “Ni Persimu” e “Nivuru Munnu”, accanto ai sintetizzatori spiccano le timbriche suggestive di strumenti come il saz, la baglama e il lotar, provenienti dal bacino dell’area mediterranea europea e africana: «Ne posseggo diversi, ma nello specifico sono molto affezionato ad un saz (uno strumento a corde realizzato in legno di gelso che ho comprato durante un viaggio in Turchia) e al lotar, un piccolo liuto che ho acquistato in Marocco, tipicamente suonato dalle popolazioni Gnawa e realizzato con legno e pelle di capra. Me ne sono innamorato dopo averlo visto suonare a Zagora, alle porte del Sahara, da un gruppo di persone che nella notte continuavano a suonarlo entrando quasi in uno stato di trance», spiega Morreale.
Alcuni dei brani contengono versi cantati in dialetto agrigentino, città di provenienza di Lillo, mentre altri di natura strumentale hanno dei titoli in inglese. L’accostamento dei due linguaggi, apparentemente distanti, esprime la volontà di universalizzare il significante, in quanto un dialetto antico può essere compreso su un piano semantico legato più alle suggestioni timbriche che al significato della parola.
Sono svariate le influenze cinematografiche e letterarie che riecheggiano in questo disco e in generale nella musica di Lillo Morreale, artista poliedrico e compositore attivo nel campo dell’elettronica contemporanea e della musica per film: “The Lighthouse” di Robert Eggers e i documentari di Vittorio De Seta degli anni ‘50 girati in Sicilia, ma anche il cinema di Andrej Tarkovskij (in particolare “Solaris” e “Stalker”) e tutta la letteratura che ruota attorno al concetto marittimo ed esistenziale dell’isola: da Hemingway (“Il vecchio e il mare”, “Isole nella corrente”) a Elio Vittorini (“Conversazione in Sicilia”) e Goliarda Sapienza (“L’arte Della Gioia”).
«Quella dell’album è stata una gestazione molto lunga, iniziata in maniera abbastanza inconsapevole 4 o 5 anni fa. Inizialmente non avevo in mente di registrare un disco, ma a un certo punto mi sono reso conto di avere moltissimo materiale proveniente da provini per colonne sonore, improvvisazioni varie e alcune immagini nella mente che poi si sono tradotte in testi e titoli dei brani. Ho capito di voler fare un album quando ho riascoltato un’improvvisazione che avevo creato loopando una linea di synth su se stessa per circa 8 minuti. Quello era il germe di “Satori”, finito poi sul disco quasi senza modifiche. Un altro momento fondamentale è stato quello riguardante la scelta della lingua: stavo canticchiando “Stranizza d’Amuri” di Franco Battiato con la chitarra e mi sono soffermato ad ascoltare il suono delle parole che uscivano dalla mia bocca, accorgendomi di quanto fosse primitiva e onirica la timbrica del dialetto siciliano, di quanto il suono stesso fosse pieno di significato al di là del testo. Così è arrivata l’idea di provare a scrivere qualcosa utilizzando il dialetto di Agrigento, la città in cui sono nato. L’accostamento con il mondo elettronico/sintetico che si stava via via delineando mi ha subito catturato e ho capito che sarebbe stata la strada giusta da seguire. L’ultimo tassello è arrivato quando ho rispolverato degli strumenti folk che avevo comprato anni fa in occasione di alcuni viaggi e che prima di allora avevo usato quasi solo per gioco.
È stato un processo molto naturale, guidato dall’istinto e da piccole sorprese. Alla fine mi sono ritrovato con in mano dei brani che avevano un sound con il quale mi identificavo completamente, come persona e come musicista. L’ultimo brano che ho scritto per l’album è stato “Scrusciu”: è nato una sera mentre stavo tornando a casa molto tardi, una melodia mi si è stampata in testa improvvisamente, l’ho registrata al volo sul cellulare e il giorno dopo l’ho suonata su un giro di accordi che conservavo da almeno una decina d’anni. Ho ancora la registrazione sul telefono, ci sono io che fischietto mentre salgo le scale, apro la porta e poggio le chiavi sul tavolo, quando la ascolto un po’ mi fa sorridere. Per chiudere il cerchio, quando ero già a buon punto a livello compositivo ho realizzato di avere anche parecchio materiale fotografico (scatti che ho realizzato per lo più in Sicilia, a Lampedusa e in Namibia), assolutamente coerente con quello che stavo raccontando, così è nato anche il progetto grafico, che reputo imprescindibile per immergersi nel progetto tanto quanto la musica.»
(Lillo Morreale)
CREDITS
Composed, performed, recorded and mixed by Lillo Morreale
Other musicians
Nicola Benetti plays percussion on NIVURU MUNNU, drums on SOME NIGHTS I REMEMBER MY PAST LIVES UNDER THE STARS AS A FERAL ANIMAL and SATORI
Emanuele Orsini: drums sampling on OCEAN IS MY CHURCH
Mastered by Riccardo Zamboni
Cover photo by Lillo Morreale
©℗ 2025 Locomotiv Records
LILLO MORREALE – BIOGRAFIA
Lillo Morreale è un polistrumentista e compositore attivo nel campo dell’elettronica contemporanea e della musica per film. Nel suo primo album, dal titolo “All Of My Life I’ve Been Dreaming About The Sea”, in uscita il 26 settembre per Locomotiv Records, si incontrano elettronica sperimentale e timbriche provenienti dalla tradizione musicale popolare, tracciando un nuovo percorso definibile come Elettronica Mediterranea. Negli anni ha composto le colonne sonore di film e progetti audiovisivi che hanno ricevuto ampi riconoscimenti, tra cui “Il Nostro Tempo” di Veronica Spedicati (2019) e “J’ador” di Simone Bozzelli (2020), rispettivamente vincitori del Premio Miglior Regia e del Premio Miglior Cortometraggio alla Mostra del Cinema di Venezia. Ha curato le musiche delle opere performative PAL 50Hz (in collaborazione con PAL Visual Studio), Habitans (con il collettivo Rapso) e Celeste (con Progetto Ri-Prese e l’Università di Venezia).
“My Music Used To Live In The Eyes Of Those Who Died From Nostalgia”
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Video
- Data di pubblicazione
- 30/09/2025
- Ultima modifica
- 30/09/2025